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20 In quei pomeriggi d’estate l’afa era soffocante. Nel sud Italia, durante la stagione calda, le ore del pomeriggio che vanno dall’una alle tre sono ore morte. È il momento della «controra». Sono ore in cui l’asfalto si scioglie sotto i raggi a picco del sole impietoso e i muri bianchi delle case riflettono la luce abbagliante quasi a voler espellere quell’aria cocente che brucia occhi e pelle. Anche le pietre che lastricano le vie diventano bollenti e qualche cane randagio cerca inquieto un angolo d’ombra dove rifugiarsi e potersi finalmente rinfrescare. Le strade sono deserte, le persone si guardano bene dal lasciare le case e si abbandonano a un’atmosfera di stordimento, di oblio collettivo. Anche nonno Leo e la sua famiglia in quelle ore ­rimanevano a casa. Le finestre erano socchiuse, le ­persiane verde bottiglia regalavano frescura. I bam­ bini passavano il tempo cercando di sorprendere con l’acchiappamosche quelle scocciatrici estive dai grandi ­occhi che, intrufolatesi in qualche modo nella fitta rete delle zanzariere alle finestre, speravano di scampare all’afa, ignare del destino altrettanto crudele che le ­attendeva. Dopo pranzo le donne di casa erano indaffarate a ­pulire, sparecchiare, scopare e lavare i piatti, cinguet­ tando tra loro gli ultimi pettegolezzi e novità; i bambini aiutavano senza fare troppo rumore perché il nonno era andato a riposare. Solo al suo risveglio sarebbe ricomin­ ciata la vita. Finalmente, verso le quattro, il nonno si alzava e arri­ vava in cucina. Come era sua consuetudine si sarebbe pre­­ parato per la partita a briscola o a scala quaranta con la nonna e sua sorella, passatempo a cui era dedicato il pome­ riggio. Ma prima c’era qualcosa di molto più importante … Come per incanto la cucina si impregnava improvvisa­

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