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14 Daniele, preso dall’eccitazione iniziale, si nascondeva sotto la coperta pesante, composta da una serie di ­quadrati mul­ ticolori fatti all’uncinetto dalla nonna. Patrizia e la mamma lo cercavano, lo trovavano, gli facevano un po’ di solletico e poi, affaticati dal trambusto «troppo mattiniero», tutti e tre si riappisolavano tra le bianche lenzuola ricamate. Le lenzuola avevano una meravigliosa e intensa fragranza di pulito che Patrizia non avrebbe mai più dimenticato. Il papà, dopo essersi stiracchiato e lavato velocemente la faccia, preparava il caffè. Lo versava nella tazzina, lo zuc­ cherava e durante il tragitto dalla cucina alla camera da let­ to lo mescolava con il cucchiaino. Era questo «ticchettio» sempre più nitido che risvegliava la mamma e i bambini. «Senti mamma, il ticchettio del caffè! Papà sta ­arrivando, facciamo finta di dormire!» diceva sottovoce Patrizia, e da lì prendeva il via un nuovo gioco. Il papà arrivava e giocava anche lui, «Cuccioli, dormite? Patrizia, Daniele, dormite?». L’uomo sembrava un equili­ brista, teneva con la mano sinistra un piccolo vassoio con due tazzine di caffè per sé e la moglie corredate di piattino e cucchiaino, la zuccheriera e un piattino per le «tre cara­ velle», mentre con la mano destra girava lo zucchero nelle due tazzine. Appoggiato il vassoio e sedutosi al margine del letto il papà lasciava cadere una goccia di caffè nella zuccheriera e faceva ruotare quest’ultima fino a che in tutto quel biancore non emergeva una deliziosa pallina marrone di zucchero e caffè. Ne faceva tre ed erano quelle le «tre caravelle» che rendevano felici i bambini e lui stesso, che ne mangiava una. Grazie alle tre navi avventuriere i bambini entravano in un mondo per loro ancora lontano, il mondo degli adulti, un mondo tutto profumato dell’aroma di caffè, ma soprattutto sco­ privano quel gusto che, insieme al ticchettio come quello delle lancette di un orologio, li avrebbe accompagnati nella vita.

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